Dopo lo scioglimento della Commissione da parte dei presidenti di Camera e Senato, in seguito alle dimissioni della stragrande maggioranza dei commissari, il contestato ormai ex presidente dell’organismo di garanzia non intende darsi per vinto e medita di appellarsi alla Consulta.
Se una dote si deve riconoscere a Riccardo Villari – il discusso ormai ex presidente della Commissione di Vigilanza Rai, eletto a novembre con i voti di centro destra sebbene all’epoca fosse un senatore del Pd, per risolvere una situazione di stallo creata dai contrasti con l’opposizione e poi rimasto per mesi ancorato alla sua poltrona nonostante i ripetuti inviti bipartisan ad andarsene – questa è la perseveranza. Dopo lo scioglimento della commissione da parte dei presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, in seguito alle dimissioni in massa presentate da tutti i commissari del Pd, del Pdl e dell’Udc, Villari, che si è visto dimissionato su malgrado, ha dapprima convocato comunque la Commissione per il 23 gennaio e poi, visto che non c’era più nulla da convocare, ha annunciato che medita di fare ricorso alla Corte Costituzionale.
Stando a uno dei consulenti di Villari, il costituzionalista Paolo Tesauro, lo scioglimento d’autorità della Commissione di Vigilanza costituirebbe infatti una minaccia all’autonomia di tutti gli organismi di garanzia.
Le lettere di convocazione ai nuovi commissari per il rinnovo della Vigilanza, intanto, sarebbero già partite e i vecchi membri della commissione sarebbero stati tutti riconfermati, tranne Villari. A breve la nuova Commissione si riunirà per eleggere il presidente, che dovrebbe essere, per scelta unanime, il giornalista Sergio Zavoli.
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