
di Emilia Patta
Accordo siglato in undici regioni su tredici. Da qui riparte l’alleanza tra Pd e Idv, da qui riparte la costruzione di «una alleanza larga di progresso» per «una alternativa alle destre». Fa un po’ effetto vedere Pier Luigi Bersani e Antonio Di Pietro insieme in conferenza stampa il giorno dopo la sconfitta del candidato democratico Francesco Boccia alle primarie pugliesi stravinte dal “rosso” Nichi Vendola. Se l’alleanza alternativa a Berlusconi con l’Udc fa un brusco passo indietro proprio in Puglia, l’alleanza alternativa a Berlusconi riparte per ora da Di Pietro. Insomma, si ricomincia dall’inizio. Facile l’ironia del Pdl. «Bersani già adesso riscopre i toni dello scontro frontale e ricostituisce il fronte popolare con Di Pietro, per di più andandogli dietro», commenta il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto.
Il caso Puglia e le dimissioni di Delbono a Bologna. A due mesi dalle elezioni regionali. Per il Pd e la sua dirigenza non è certo un momento facile. A Prodi che lamenta in un colloquio con Repubblica una mancanza di leadership («la gente chiede chi comanda nel Pd…»), il leader risponde che non è d’accordo. «Per Prodi ho un affetto e un rispetto inattaccabili anche quando dice cose su cui non sono d’accordo».
In effetti forse il Pd, più che di continuare a rafforzare leader dopo leader attraverso congressi e primarie, dovrebbe costruire una classe dirigente intermedia – anche a livello locale – apparsa drammaticamente assente nelle vicende che hanno portato alle candidature di outsider come Bonino e Vendola in Lazio e Puglia. Quanto a D’Alema, dipinto da tutti come lo sconfitto principale del caso Puglia, per Bersani è un vero «combattente» («avercene come lui»).
D’Alema è stato eletto ieri alla presidenza del Copasir con voto bipartisan. Un omaggio, anche, a un «combattente» e «servitore dello Stato». Poco per un uomo che è stato presidente del Consiglio e candidato a Mr Pesc per la Ue. Ma da quella posizione D’Alema avrà contatti istituzionali obbligati, in primis con Gianni Letta, che lo porteranno – forse – nella posizione di principale interlocutore sulle riforme. Per Bersani un’occasione per “emanciparsi” da un ingombrante padre nobile e provare a prendere direttamente in mano un partito mai così in difficoltà.
26 GENNAIO 2010
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