Veronica lascia Silvio:entrerà nei “fischiatori organizzati”?

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Veronica: “Mi domando in che paese viviamo – ha raccontato Veronica l’altro giorno a un’amica – , come sia possibile accettare un metodo politico come quello che si è cercato di utilizzare per la composizione delle liste elettorali del centrodestra e come bastino due mie dichiarazioni a generare un immediato dietrofront. Io ho fatto del mio meglio, tutto ciò che ho creduto possibile. Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile. Credevo avessero capito, mi sono sbagliata. Adesso dico basta”.

VERONICA ANNUNCIA IL DIVORZIO DAL PREMIER

«La signora» si dimette da moglie. L’offensiva di Silvio da Versavia e la sconfitta di tutte noi

di Maria Laura Rodotà

«Berlusconi è n’ber probblema pe’ noi italiani. Pe’ come è fatto: te riconosci e nun te riconosci. Nun sai mai bene che pensà», spiegava ieri sera un avventore del baretto romano di piazza Farnese a un gruppo di origliatori rapiti. Anche la sua signora, grazie, è un po’ così. Alla sua seconda esternazione in due anni, quando ha parlato di «ciarpame» riferendosi a frequentazioni e candidature caldeggiate da suo marito (spesso coincidevano) e forse alle sue gite da una diciottenne napoletana che maliziosamente lo chiama “papi”, moltissime, d’istinto, si sono riconosciute. Poi ci hanno pensato un momento: per carità, ha ragione, ma perché non divorzia?

Ora divorzia, o almeno si separa, si sa che in Italia la procedura è complicata (per la cronaca: secondo la legge italiana la moglie separata ma non divorziata eredita la “legittima” proprio come una moglie, scusate la digressione). Divorzia e probabilmente non poteva fare altro, a questo punto. Questa volta non ci sono state lettere di scuse da marito simpaticamente malandrino, con le altre possibili fanciulle definite “bagatelle”. C’è stato un fuoco incrociato contro Veronica che ha spiazzato il pubblico, linciato il personaggio occasionalmente pubblico (Veronica, accusata anche di questo, di rimanere nell’ombra tranne quando attacca il marito), l’ha alla fine (finalmente?) costretta alle dimissioni da moglie.

Ha lanciato l’offensiva Silvio B. in persona addirittura, da Varsavia, chiamandola «quella signora» e definendola «vittima della stampa di sinistra». L’attacco era già in corso sul sito Pdl, nella blogosfera, onestamente anche nelle conversazioni da bar e da macchinetta del caffè. Manifestavano molti dubbi uomini e anche donne (piangere in limousine o nella villa di Macherio può non essere popolarissimo, in tempi di crisi).

Poi è arrivata la gogna a mezzo stampa, una prima pagina di Libero con vecchie foto di Veronica a teatro (nella pièce Il magnifico cornuto, ironia della storia), una sequenza in cui, sul palcoscenico, scopre il seno. Messaggio non troppo criptico: cosa vuole, ora, questa vecchia velina? Forse non lo sapremo mai, cosa voleva. Forse non vorremmo neanche saperlo. È un canovaccio che di sicuro continuerà per un po’, però; in cui esce in modo diciamo ambiguo il premier («ce se riconosce e nun ce se riconosce», per un maschio italiano, si è capito). In cui esce a pezzi una donna volutamente (ma anche no) misteriosa con una vita stranissima. Da cui escono un po’ peggio tutte le donne italiane. Non tanto per la figuraccia all’estero, non è più quella che conta (ne facciamo di continuo). Perché il gran pasticcio in cui è finita la nostra prima dama di fatto benché generalmente assente (quella ufficiale, Clio Napolitano, è mujer vertical rispettatissima dal marito, per fortuna; consoliamoci così) non aiuta l’autostima collettiva di tutte noi.

In questi giorni abbiamo sentito argomentazioni di due secoli fa, magari proposte da uomini civili e progressisti: «Ma cosa vuole, le donne dei grandi uomini devono sapere che il loro ruolo è al loro fianco e che non possono fare queste uscite, che un grande uomo ha molte donne e loro devono fare la loro parte con dignità». Solo loro? Parrebbe di sì. Sul resto, sul grand’uomo, sono stati finora consentiti e incoraggiati pettegolezzi e battutoni. Certo (sottotesto) donna Rachele Mussolini non l’avrebbe mai fatto. Ma proprio la dignitosa donna Rachele dobbiamo recuperare, nel 2009, come modello? E tutte le altre sono Clarette? È offensivo per tutte, suvvia. E allora si vorrebbe lasciar perdere. A prescindere da toni e intenzioni di V. Lario, questa è stata un’umiliazione collettiva.

Ed è pretestuoso dire «solo Veronica è in grado di fare opposizione, in questo Paese». Beato il Paese che non ha bisogno di Veroniche, che ha una maggioranza rispettabile e un’opposizione che fa il suo lavoro (anche il «tra moglie e marito…» del Pd Dario Franceschini non è stato un bel momento, diciamolo; di democristiani che dicono «i panni sporchi si lavano in casa» ne abbiamo avuto di più autorevoli, molto discussi ma con una visione più ampia e maggiore capacità di governare, è noto).

E il delirio gossiparo di questi giorni sta facendo male a tutti. A un partito e a un governo ridotti a comprimari di una pochade anche un po’ laida; a un’opposizione sgangherata che per curriculum non può nemmeno troppo polemizzare sulle belle fanciulle in lista (l’ha fatto anche il Pd); a un’Italia che avrebbe bisogno di parlare, di confrontarsi, di mobilitarsi sulle cose serie. Forse a una parte della classe politica il caso Lario fa comodo; si parla d’altro, non si parla di nient’altro, anzi. Ma a noi tutti, francamente, no. E non fa bene ai figli, alle figlie, nostre ma anche di Silvio Berlusconi (come si sentiranno Barbara, Eleonora, e pure Marina, bombardate di notizie su un padre così pimpante? Veronica lo ha detto, e su questo aveva stra-ragione; nessuno vuole che ragazze e ragazzine crescano tra mogli trascurate e forse disperate e adolescenti che dicono “papi” a sproposito; vorremmo tutti qualcosa di meglio, per loro e per noi).

CORRIERE DELLA SERA 03 maggio 2009

La strategia del silenzio decisa dopo un consulto con Letta e Bonaiuti

Dall’opposizione la voce di Adinolfi: “E’ un’occasione che il Pd non deve perdere”

Dopo l’addio di Veronica: “Adesso basta” Berlusconi: “Vicenda privata che mi addolora”

ROMA – Berlusconi dopo l’addio di Veronica: “E’ una vicenda personale che mi addolora. E’ doveroso non parlare di cose private”. Ora che la notizia del suo divorzio da Veronica è diventata pubblica, la linea decisa da Silvio Berlusconi e dal suo staff è “silenzio”. Dopo un lungo consulto con i sottosegretari Gianni Letta e Paolo Bonaiuti per decidere la strategia da seguire con i media, stamane intorno alle 11, il premier, insieme a suo fratello Paolo Berlusconi, è uscito da palazzo Grazioli in auto.

Solo un cenno di saluto con la mano da dietro il finestrino: neppure una parola. Poi in elicottero fino ad Arcore dove ai cronisti che lo attendevano davanti al cancello della villa ha concesso solo una laconica dichiarazione: “Preferisco non parlare di una questione personale che mi addolara”.

Ghedini: “E’ una vicenda familiare”. Anche il fedele Niccolò Ghedini, deputato Pdl e avvocato di fiducia del presidente del Consiglio tace: “E’ una vicenda familiare e privata. Non ho nulla da dire”.

Adinolfi, Pd: “Un’occasione per il Pd”. Ma dall’opposizione si alzano giudizi opposti. “Il divorzio di Berlusconi è una questione politica”, dice Mario Adinolfi, membro della direzione nazionale del Pd. “Il presidente del Consiglio è accusato dalla persona che lo conosce meglio di essere un uomo che non sta bene, che va con le minorenni, un imperatore che in realtà è un uomo di cartapesta agli occhi di chi gli è stato vicino per trent’anni”. Adinolfi quindi conclude: “Mi auguro un’offensiva del Pd che chieda al paese già in occasione di queste europee di togliere fiducia a Berlusconi. E’ un’occasione per il Pd”.

(LA REPUBBLICA 3 maggio 2009)

2009-05-03 20:24

Premier trascorre giornata ad Arcore

(dell’inviato Marisa Alagia)

ARCORE (MILANO-ANSA) – E’ da poco passata l’una quando l’elicottero di Silvio Berlusconi atterra nel parco di Villa San Martino. Maglione blu, pantaloni scuri, il presidente del Consiglio entra a passi veloci nell’antica residenza alla periferia di Arcore. Qui trascorrerà l’intera giornata ricevendo qualche visita. A pochi chilometri di distanza, c’é l’altra abitazione del premier, la villa di Macherio, dove vive la moglie Veronica. Anche qui totale silenzio. Davanti entrambe le case staziona una camionetta dei carabinieri. Ma la sorveglianza a villa San Martino con il passare delle ore aumenta. In realtà non ce ne sarebbe bisogno. Sotto il sole, lungo la siepe del parco ci sono due cronisti, due cameraman di una tv e un fotografo. Qualche curioso si ferma ogni tanto. “E’ inutile che stiate qui – dice ai giornalisti un agente delle forze dell’ordine – il presidente non ha alcuna intenzione di uscire per oggi”. Alle 15.45 il cancello si spalanca ed esce un fuoristrada. Dietro la vettura compare il premier che, mentre il cancello si chiude, rivolge gesti di saluto verso i cronisti. Sembra sorridente e disteso come al solito. Passano le ore, a qualche centinaio di metri di distanza smontano le bancarelle della festa del paese. Se ne vanno anche mamme e bambini dal parco giochi proprio davanti alla villa. Si dirada il viavai di macchine, dentro e fuori la residenza. I carabinieri cambiano più volte il turno. Qualche passante si ferma ancora a chiedere notizie sul divorzio più famoso del momento. “Di sicuro – scherza un pensionato – non vedremo il premier qui davanti con la valigia in mano a cercare un posto dove andare”.

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