Direzione PD: Gli articoli più importanti

 

Pd/ Veltroni: Dobbiamo fare un partito vero ma anche nuovo. Un caminetto, ma anche il bordo di una piscina

D’Alema rinuncia al colpo del ko
Durissimo Bersani: abbiamo smesso di essere un partito riformista

FABIO MARTINI
ROMA
Da sei minuti, davanti alla Direzione Pd, Sergio Chiamparino sta sciorinando le sue critiche alla gestione del partito, l’irritato Walter Veltroni guarda altrove, ma non può certo immaginare le parole con le quali il sindaco di Torino sta per congedarsi: «….e dunque rassegno le dimissioni da ministro nel Governo Ombra perché credo sia un organismo inadeguato». E con gesto plateale per un uomo sobrio come lui, Chiamparino consegna la lettera di dimissioni nelle mani di Veltroni. In “diretta”. Davanti alle telecamere di YouDem, la tv del Pd. E’ il passaggio più cruento nelle nove ore di dibattito della attesissima Direzione democratica, durante la quale l’autorità di Walter Veltroni è stata messa a dura prova, oltreché dal gesto di Chiamparino, da una pioggia acida di critiche mai ascoltate prima d’ora. Diversi “pezzi grossi” del partito hanno distillato perifrasi più affilate del solito, Massimo D’Alema è arrivato a dire che per il Pd «l’innovazione» invocata da Veltroni non basta, perché «serve l’autorevolezza». Come dire, senza dirlo, che il suo “amico” Walter è poco autorevole. Ma alla fine, al momento della conta, tutti quelli che erano venuti allo scoperto – Pierluigi Bersani e Francesco Rutelli tra gli altri – si sono riallineati. Proprio come Chiamparino. Interpellato in privato dal segretario, il sindaco ha ritirato le sue dimissioni e il suo dietrofront simboleggia bene la frustrazione dei critici di Veltroni, il “vorrei ma non posso” che ha attraversato la fronda al leader. Nella trattativa dietro le quinte che durava da 48 ore e che si è conclusa alle 20 di ieri sera, con la votazione del documento di “fiducia” a Veltroni da parte di tutte le “correnti”, si era consumato questo scambio: il segretario ha rinunciato all’annunciato «rinnovamento immediato della classe dirigente» e agli strombazzati «poteri straordinari», ha accanonato l’idea di dare un forte segnale di rilancio all’opinione pubblica, ma in cambio ha ottenuto il voto di “fiducia” da parte dei capi della “fronda”, Massimo D’Alema, Franco Marini, Francesco Rutelli, Enrico Letta. Anche se per il leader il prezzo da pagare è stato un pubblico “schiaffeggimento” da parte dei suoi critici, con accenti mai ascoltati nei 14 mesi di vita del Pd.

Il tutto si è consumato in uno scenario da film di Ettore Scola. Il salone della Direzione del Pd è collocato ai lati di una bella, grandissima terrazza che si affaccia sui tetti del centro di Roma, compreso quello di uno dei licei cattolici più esclusivi di Roma, il Nazareno, dove hanno studiato tanti rampolli della borghesia romana, da Carlo Verdone a Cristian De Sica: per nove ore, dalla terrazza si sono irradiate verso i tetti circostanti, le voci amplificate e contrite dei leader democratici. I più impegnati nella critica sono stati gli amici di D’Alema. Il colpo di assaggio è toccato all’intellettuale del gruppo, Gianni Cuperlo: «Non regge un partito che è il contenitore di tutto», «ci sono aspetti del nuovo inconsistenti», «c’è un deficit di autorevolezza nelle nostre classi dirigenti», «si fatica a trasmettere l’immagine del Pd», «in alcune aree il partito non c’è». Ma la sorpresa è stato Pierluigi Bersani. Sempre misurato nelle critiche, il ministro ombra dell’Economia ha depositato argomenti che in un altro contesto avrebbero fatto male. Ha parlato di un Pd nel quale «ci sono abbandoni silenziosi e arrivi che non arrivano», ha descritto «l’utopia distruttiva di un partito che va in automatico con la società, che tira su tutto come un’idrovora», rinunciando ad essere un partito riformista, «che vuole cambiare la società». Affilatissimo Marco Follini: «Si invoca il rinnovamento, ma io, Walter e Massimo, mese più mese meno, abbiamo la stessa età e quando arrivasse il rinnovamento, dovremmo farci tutti da parte». Tutti a chiedersi: fin dove si spingerà Massimo D’Alema? Spinge ma non assesta il colpo del ko: «Abbiamo bisogno di un partito vero», dice che «l’appannarsi di una visione politica incoraggia il ripiegamento egoistico». Le correnti? «Nel Pd non esistono, semmai siamo una amalgama mal riuscita». Certo, le correnti «sono discutibili, un modo non bello a vedersi, anche se darebbero un ordine».

Ed è D’Alema a dare il colpo di grazia al sistema delle Primarie, criticatissime nel dibattito: «Vanno ricondotte alla scelta dei candidati per le cariche istituzionali», ma se continueranno ad essere utilizzate anche per l’elezione del segretario del Pd, «a quel punto il rischio è che nessuno si iscriva più». Critiche condivise da tanti, in quello che alla fine è risultato una sorta di “de profundis” delle Primarie, forse la novità più rilevante emersa dal dibattito della Direzione.
LA STAMPA 20 DICEMBRE 2009
Veltroni sprona Pd: siamo onesti,rinnovamento o saremo travolti
Segretario chiede più poteri: commissariare dove necessario
postato 4 ore fa

Roma, 20 dic. (Apcom) – Da fare, dopo giorni di polemiche e di veleni, c’erano una rivendicazione, una richiesta e un avvertimento. Walter Veltroni inizia dalla prima e davanti alla direzione nazionale del partito dice quello che molti si attendono: “Il Pd è un partito di persone perbene” nel quale “non c’è posto per i disonesti” e che considera “centrale la questione morale”

“Il bollettino quotidiano da settimane ci informa di indagini su nostri amministratori e dirigenti – incalza il segretario -, dà un’immagine deformata e quindi ingiusta del nostro partito”. E avanti con la storia delle “migliaia e migliaia” di amministratori “straordinari” che rappresentano un “patrimonio per l’Italia”. Nel Pd, quindi, “non c’è posto per i disonesti”. Non è solo una frase ad effetto, Veltroni lancia qui la sua richiesta: avere il potere di intervenire col commissariamento in quelle realtà locali del partito segnate da episodi di scarsa trasparenza. “Chiedo – dice – che al segretario venga attribuito il potere previsto dallo statuto di poter intervenire anche attraverso commissariamenti laddove sia necessario”.

Rivendicato l’orgoglio del ‘partito delle persone oneste’ e ipotizzato, quando utile, lo strumento del commissariamento Veltroni avverte che il Pd è di fronte ad una “alternativa secca e drammatica: o innovazione, o il fallimento”. “O innovazione o verremo travolti” aggiunge senza mezzi termini il leader democratico citando le elezioni abruzzesi come “un ultimatum che ci hanno inviato gli elettori, una protesta dura e rabbiosa e insieme un appello accorato”. Detto questo il Pd, attacca Veltroni, non è disposto ad “accettare lezioni” di moralità da Silvio Berlusconi perchè “tutto si può accettare tranne le lezioni che vengono da chi annovera tra i suoi parlamentari indagati e condannati per reati legati alla mafia e alla camorra”.

Davanti alle inchieste di Pescara, Napoli e della Basilicata Veltroni non si limita a ribadire la fiducia nella magistratura. Riconosce che le toghe hanno “tra le mani un potere enorme: la sottrazione della libertà è uno strumento estremo, da usare con accortezza. La magistratura ha un grande potere al quale non può non corrispondere con grandissima responsabilità, un po’ come un medico”.

Immancabile al gotha del Pd l’eterna questione: come svecchiare la classe dirigente. Premesso che il codice etico del partito va applicato con severità e che non si può candidare chi lede la credibilità morale del partito “il ricambio dei gruppi dirigenti deve essere frequente e continuo”. “Oggi – rilancia Veltroni – è una vera e propria urgenza. Se vogliamo consolidare il Pd, dobbiamo lavorare in modo impegnato, corale e convinto per creare le condizioni per un forte avvicendamento con una nuova generazione di dirigenti”. E poi basta – ma questo Veltroni lo dice quasi da un anno – con le guerre intestine perchè “rischiamo di diventare come l’Unione, paralizzata dalle differenziazioni e che segava l’albero su cui era seduta”. “Il pluralismo – aggiunge il segretario – è un valore per un partito ma bisogna evitare il rischio di una degenerazione correntizia” che rappresenta una “malattia mortale”.

Infine il rapporto con gli alleati dell’Italia dei Valori. Non è rottura ma le strade proseguono divise: “Abbiamo modi diversi e separati di fare opposizione” e “questa distanza è stata già manifestata” tanto più che, conclude Veltroni, “l’Idv alimenta le polemiche con noi, ma non si cimenta con la sfida dell’innovazione”.

Veltroni: o innoviamo o falliremo
Veltroni Walter Veltroni alla direzione del Pd “O si innova o il PD verra’ travolto e sara’ il fallimento: non ci sono vie di mezzo”. Un partito scosso dalla recente sconfitta in Abruzzo e dai guai giudiziari che hanno visto coinvolti suoi amministratori ed esponenti politici nazionali (a Pescara, a Potenza e a Napoli), ha ascoltato in Direzione il segretario. 

 

“La crisi politica e morale – ha detto Walter Veltroni – pone un’alternativa secca: o innovazione o fallimento. O aiutiamo il Pd a saltare nel futuro o lo leghiamo al presente che ci precipita nel passato e il Pd rischia di essere travolto”.

Risultati elettorali negativi e questione morale, “che per noi e’ questione principale e riguarda tutti”, minano il cammino del partito, e il ricambio generazionale dei dirigenti e’ per Veltroni “la vera urgenza”. Sulle questioni giudiziarie “la magistratura che e’ autonoma faccia il suo corso” ma – ha ammonito Veltroni – “valga per tutti la presunzione di innocenza”. Il PD “e’ un partito per bene” ha detto ancora il segretario sottolineando dunque come tra i suoi iscritti e rappresentanti non ci sia assolutamente posto per i “disonesti”.

Il leader del PD ha rinnovato quindi il suo appello alla massima unita’ interna per non ripetere, in un momento tanto delicato, gli errori commessi (dall’Unione) in un recente passato. E ha attaccato Berlusconi: “Non possiamo accettare lezioni di morale da chi si e’ fatto leggi ad personam per risolvere i suoi guai giudiziari” (la replica non si e’ fatta attendere: “Con questi signori non credo si possa far niente insieme” ha detto il premier riferendosi alla possibilita’ di collaborare con il Pd per la stesura di una sorta di ‘codice etico’ dei partiti).

Veltroni ha concluso chiedendo maggiori poteri per poter gestire le situazioni di emergenza (leggi: i commissariamenti) e accennando ai rapporti con l’IDV: “siamo diversi e le alleanze devono essere prima di tutto affidabili, non accompagnate da polemiche quotidiane nei nostri confronti. Convergenze programmatiche locali comunque sono possibili”.

Duro il commento di Di Pietro: “Se Veltroni parla di due opposizioni, si condanna alla sconfitta”.

Veltroni ha parlato per un’ora e mezzo: poi e’ iniziato il dibattito aperto dal numero due Franceschini. Piero Fassino ha definito il PD “una scelta giusta”: “nessuno – ha aggiunto – puo’ avere nostalgie suicide di ritorni all’indietro ma non bisogna dimenticare il percorso politico che c’e’ alle spalle e occorre anche mantenere il senso di appartenenza ad una storia”.

Follini ha presentato un documento per sancire la netta separazione tra PD e Idv. Lapidario Arturo Parisi: “se il soggetto non e’ all’altezza del progetto, ogni progetto e’ scritto sull’acqua”. Nel pomeriggio Sergio Chiamparino ha annunciato le sue dimissioni da ministro delle riforme del governo-ombra.

La direzione nazionale del Pd ha approvato a larghissima maggioranza il documento finale con alcune integrazioni proposte durante il dibattito. Respinti invece gli ordini del giorno presentati da Marco Follini per chiedere la rottura definitiva dell’alleanza con l’Idv, e di Mario Adinolfi sulle primarie.

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