Nugnes: I misteri del computer, sequestrati i telefonini

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“Mi confidò: questi vogliono vedermi morto”

«Giorgio era scosso, preoccupato, temeva che sul suo conto ci fossero altre indagini, ormai viveva in un incubo»: Antonio Marciano, il responsabile organizzativo del Pd, ha incontrato per caso Giorgio Nugnes giovedì nel primo pomeriggio nei pressi della Regione dove l’ex assessore era tornato a lavorare. È stato uno degli ultimi politici a parlargli. «Si è fermato con me qualche minuto – racconta – e ha mi ha ripetuto più volte: “Ci vogliono vedere morti, non si fermano”. Evidentemente si riferiva alle forze dell’ordine e alla magistratura». Secondo Marciano l’ex assessore era teso, preoccupato: «Mi sembrava ossessionato da un pensiero fisso. Mentre parlavamo si è girato, ha detto “Ci stanno filmando, ci stanno fotogrando. Poi si è messo di spalle, ha sussurrato “stiamo attenti, leggono il labiale”. Parlava a labbra strette, quasi non riuscivo a capiro. Ho cercato di rasserenarlo. Gli ho ripetuto: stai tranquillo, la verità verrà fuori». Ma lui continuava a ripetere, dice Marciano, le stesse frasi: «Diceva “usciranno altre indagini, ho paura di essere nuovamente coinvolto”. Mi sembrava un uomo braccato. Parlava come se pensasse di non essere solo nemmeno in quel momento». Nugnes era preoccupato per il futuro. Inutili i tentativi di rasserenarlo: «Io gli ho detto: “approfitta di questo momento per pensare di più alla tua famiglia, prova a investire di più nel tuo lavoro” – racconta Marciano – Infatti era tornato in Regione. Ma lui a un certo punto ha detto che doveva andare via, che aveva da fare. Gli ho ripetuto di venire da me il giorno successivo, che saremmo andati a prendere un caffè. Non sapevo cosa fare: mi sembrava avesse fretta, avesse voglia di andare via». Il colloquio è terminato con una frase che ora sembra un presagio: «Nell’andarsene mi ha abbracciato e mi ha detto: “Antonio, è difficile: non so se ce la faccio”». d.d.c.

01/12/2008

I misteri del computer sequestrati i telefonini

GIUSEPPE CRIMALDI Ricostruire le ultime ore di vita di Giorgio Nugnes. È su questo versante che si concentrano le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Napoli, a due giorni dal suicidio dell’ex assessore comunale del Pd, che si è tolto la vita impiccandosi nella tavernetta di casa, sabato mattina. Incontri, persone, luoghi incrociati da Nugnes: un mosaico complesso che i militari del nucleo operativo diretto dal maggiore Lorenzo D’Aloja tentano di ricostruire. Al momento la Procura di Napoli non ha ancora aperto alcun fascicolo sulla tragedia avvenuta a Pianura. E d’altronde non si indaga su un gesto come quello maturato da Nugnes, se non nel caso in cui si prospetti l’eventualità di una istigazione al suicidio. Ma, almeno per il momento, è prematuro escludere del tutto l’intervento della magistratura inquirente. Anche perché sullo sfondo di questa brutta storia vi sono ancora diversi punti da chiarire. Ieri presso l’obitorio del Policlinico collinare è stato eseguito l’esame del cadavere dell’ex assessore. E stamattina alle 10,30 si svolgeranno a Pianura i funerali. Poi la salma di Giorgio Nugnes verrà tumulata nel locale cimitero. Al lavoro, sul versante investigativo, ci sono ovviamente anche i carabinieri della compagnia Rione Traiano, diretta dal capitano Federico Scarabello. Si stanno raccogliendo tutte le informazioni utili a individuare le persone che l’ex assessore comunale ha incontrato nelle ultime 24-48 ore prima di uccidersi. Sequestrati anche i due suoi telefonini: dai tabulati potrebbero giungere nuove indicazioni e riferimenti alle persone con cui Nugnes ha parlato. Altre piste porterebebro ad un personal computer in uso a Nugnes, e ad un floppy-disk. parlando con alcuni amici e con alcuni giornalisti, giorni prima di togliersi la vita, Nugnes avrebbe riferito di avere in mente di scrivere alcune pagine: una sorta di memoria, nelle quali avrebbe descritto gli ultimi mesi, a cominciare dal periodo immediatamente successivo a quello caratterizzato dagli scontri di piazza di Pianura, in occasione della ipotizzata apertura della discarica di Contrada Pisani. Se confermata, l’esistenza di questo memoriale potrebbe fornire altri utili elementi in grado di ricostruire molte cose. Si indaga anche per un altro motivo. Per comprendere se possa esservi stato un qualche condizionamento capace di scatenare nella mente di quest’uomo provato dalla vicenda giudiziaria che lo aveva visto protagonista la tragica decisione finale. Restano in piedi gli interrogativi già sollevati nelle ore immediatamente successive al suicidio. C’è qualche persona o circostanza che ha agito in maniera fatale sulla determinazione suicida? O, in alternativa, si può ipotizzare lo scenario in base al quale Nugnes possa essere venuto a conoscenza di una nuova inchiesta penale a suo carico? In quest’ultimo caso non si esclude che la Procura della repubblica possa anche decidere – sempre ammesso che ne esistano i presupposti – di avviare un’indagine per fuga di notizie. «No comment», è l’unico commento che si registra da parte del procuratore Giovandomenico Lepore. Un fatto è certo. Nugnes era negli ultimi giorni un uomo ossessionato. La sua ossessione era riferita sempre all’esistenza di quelle che lui chiamava «carte», fascicoli processuali e forse anche intercettazioni telefoniche che lo coinvolgevano. Le conferme di questa «ossessione» sono giunte ieri anche dal suo legale di fiducia, l’avvocato Nello Palumbo che ha sottolineato come Nugnes fosse ormai un uomo sconvolto, che attorno a sé vedeva solo «ostacoli ormai insormontabili».

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«Del Global service non parlo, non ne so nulla». Attacca così l’intervista all’ex assessore al Bilancio del Comune, Enrico Cardillo, dimessosi otto giorni fa. E parla di Giorgio Nugnes: «Era un amico vero, il classico assessore di trincea, un generoso. Questa tragedia mi ha lasciato senza parole, un gesto incomprensibile e inaccettabile». Poi accenna alla sua vicenda personale: «Era una richiesta di interdizione avanzata dal pm e respinta dal gip. L’ho vissuta serenamente e non ho pensato in quel momento di dimettermi, sottraendomi dal punto di vista etico al vaglio del giudice». Infine la conferma di una decisione già esplicitata al momento delle dimissioni: «Con la politica avevo già chiuso nel 2006, se sono rimasto al mio posto fino ad ora è stato perché la Iervolino me lo ha chiesto».

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