Le ultime parole del politico: «Prenderanno una donna molto potente». I particolari del suicidio
NAPOLI Ha pianificato il suo suicidio con una meticolosità che solo un ex parà della Folgore come lui poteva avere. Tre lettere a moglie, fratello e figli, una lunghissima intervista al giornale della sua città, il Roma, un misterioso passaggio negli uffici del Comune, dove fino a pochi mesi fa aveva la sua scrivania di assessore alla Protezione civile, l’ultima giornata al suo posto di lavoro negli uffici della Regione Campania, per lasciare tutte le carte in ordine.
E poi i particolari più atroci: Giorgio Nugnes si è barricato nella tavernetta di casa e ha fatto jogging sul tapis roulant per arrivare col cuore in gola all’ultimo minuto di vita, perché l’impiccagione fosse più rapida ed indolore possibile. Si è strangolato appendendosi con dei fili elettrici, tanto sottili che la moglie si è tagliata le mani per liberarlo dalla morsa fatale. Respirava ancora e i tentativi di rianimarlo sono durati mezz’ora, raccontano i primi soccorritori. Tutto inutile.
Ma né le lettere né l’intervista né le ultime confidenze fatte a giornalisti e conoscenti diradano i dubbi attorno al suicidio dell’ex assessore della giunta Iervolino, travolto da un’inchiesta giudiziaria che lo aveva portato anche agli arresti domiciliari. Dubbi alimentati anche da alcune frasi misteriose delle ultime ore, che alludevano a sviluppi giudiziari eclatanti.
L’inchiesta, appunto: è ad essa che vanno i primi pensieri dei napoletani, appena la notizia si diffonde. Nugnes era accusato di aver fomentato i disordini di Pianura, di aver fornito informazioni sugli spostamenti della polizia ai facinorosi che misero a ferro e fuoco il quartiere per protestare contro l’eventuale apertura di una discarica nel gennaio scorso, in piena emergenza rifiuti. Ma la preoccupazione per quell’indagine non pare a nessuno una motivazione sufficiente. Il peggio era ormai dietro le spalle, sono passati quasi tre mesi dall’arresto ai domiciliari, una misura che in pochi giorni era stata trasformata nel più morbido divieto di dimora nel quartiere di Pianura. Recentemente anche questa misura era stata attenuata: poteva tornare a casa tre giorni a settimana. La sua posizione non sembrava particolarmente pesante. Certo, aveva dovuto lasciare l’incarico di assessore, e probabilmente il suo futuro politico (un passato nella Margherita, ora nel Pd) era forse definitivamente compromesso. Eppure nell’ultima intervista al Roma, la cui pubblicazione, ironia della sorte, era prevista proprio per oggi, si diceva tranquillo: «Sono sereno, e devo tutto alla mia famiglia. Affronterò il processo con ottimismo, sapendo che riuscirò a dimostrare la mia innocenza. Sono tornato al mio lavoro e ai miei hobby, prima di morire voglio fare il contadino».
Però ai giornalisti del Roma non era sfuggito il suo mutato aspetto ed il suo morale a terra. Sciupato, pallido, stanco, nervoso. È rimasto in redazione per due ore, poi è sceso con dei giornalisti per un caffè, poi è tornato e si è rimesso a parlare ancora a lungo, a taccuini chiusi. Ed è qui che ha detto le cose più interessanti. Ha parlato di un dossier scottante in suo possesso, di un cd su cui aveva racchiuso dei dati, ha promesso ai giornalisti del quotidiano che presto avrebbe potuto fornire loro quel materiale. Nugnes prevedeva che le inchieste della Procura non avevano ancora toccato i livelli alti del potere politico in Campania, che presto molti grossi nomi sarebbero finiti nel tritacarne giudiziario. Che lui aveva le prove, che presto sarebbero state pubbliche. Ne era convinto. E poi ha accennato a storie inquietanti, ma senza fare nomi: una donna in particolare, una donna molto influente, con una relazione stretta con un potente uomo politico. Una donna che agisce nell’ombra e che gli aveva dato prova di molto potere, di avere informazioni sensibili nell’ambito del commissariato rifiuti e nella gestione dell’emergenza. Erano i giorni caldi delle proteste di strada. «Una volta mi disse: tra mezz’ora ti chiama il prefetto. E mezz’ora dopo il mio telefono squillò e c’era il prefetto». Volevano convincerlo a far calmare gli animi, a recedere dal no alla discarica. «Una mattina mi rivelò: oggi la polizia avrà altro da fare che pensare a Pianura. E dopo un’ora in effetti i blindati con gli agenti si allontanarono dal quartiere». Nugnes voleva intendere che c’era una regia occulta molto più in alto di lui, una lobby politica che utilizzava anche persone al di fuori della politica, persone che non appaiono col proprio volto sullo scenario cittadino.
Ma cosa può avere a che fare tutto questo con il suicidio? Se Nugnes custodiva dossier e cd con file «sensibili», verranno fuori da qualche parte. È una questione che in queste ore dovrà appurare la magistratura inquirente. Restano i dubbi sulle motivazioni di un gesto così estremo. Gli osservatori delle cose cittadine non mancano di notare una coincidenza. Il giorno prima del suicidio, venerdì, un altro importante personaggio si è dimesso dalla giunta comunale di Napoli. Enrico Cardillo, potente assessore al bilancio, ha detto improvvisamente addio alla Iervolino e alla politica: «Torno ad insegnare all’Università, non farò mai più attività politica». Anche lui aveva ricevuto mesi fa un avviso di garanzia dalla Procura di Napoli, per un’altra inchiesta riguardante le consulenze d’oro per il piano strategico. «Ma le vicende giudiziarie non c’entrano con le mie dimissioni», ha detto Cardillo in una conferenza stampa a Palazzo San Giacomo. Negli stessi minuti, in tanti hanno visto Nugnes pochi corridoi più in là. È tornato nel suo ex assessorato. Ha girato in vari uffici, ha incontrato un assessore. Molti sono rimasti colpiti dal suo aspetto abbattuto. Perché Cardillo abbandona improvvisamente la politica (quando solo il giorno prima aveva negato ai giornali l’eventualità di sue dimissioni)? Perché Nugnes va in Comune? Perché dopo poche ore si suicida? Cosa può essere successo negli ultimi giorni per determinare decisioni diversissime ma entrambe drastiche nello stretto entourage del sindaco Rosa Russo Iervolino?
Voci insistenti vanno ripetendo che da tempo la Procura di Napoli ha avviato una delicatissima indagine sulla gestione dell’immenso patrimonio immobiliare del Comune. E nell’inchiesta sarebbero coinvolti personaggi che siedono ai piani alti di Palazzo San Giacomo. Si attendono provvedimenti gravi. E nessuno si sente di escludere che Nugnes e Cardillo possano avere, a torto o a ragione, qualcosa da temere. Un ulteriore tassello che si aggiunge al puzzle irrisolto del suicidio di un uomo.
IL TEMPO 30/11/2008
Indagini sul suicidio di ex assessore Nugnes
08.35: Sarà la magistratura a far luce sul suicidio dell’ex assessore del comune di Napoli Giorgio Nugnes, trovato impiccato ieri nella sua abitazione alla periferia del capoluogo campano. Coinvolto nell’inchiesta sugli scontri per la discarica di Pianura, Nugnes era accusato della regia delle proteste. Ai domiciliari dal 6 ottobre, il 20 ottobre si era dimesso dal suo incarico. Rabbia di amici e parenti.
Per l’avvocato l’ex assessore di Napoli ai domiciliari per gli scontri di Pianura
sapeva di essere oggetto di accertamenti per una storia di appalti e camorra
Il procuratore Lepore: “Nessun nesso tra il grave gesto e i fatti giudiziari”
Il sindaco Iervolino: “Clima pesante da ‘adesso succede chissà che cosa’ non aiuta”
Il suicidio di Nugnes, parla il legale
“Si sentiva perseguitato dai magistrati”
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Rosa Russo Iervolino e Giorgio Nugnes
NAPOLI – Nugnes era “convinto che i magistrati lo volessero incastrare”. Il giorno dopo il suicidio di Giorgio Nugnes, ex assessore comunale di Napoli, il suo avvocato, prova a fornire alcune chiavi di lettura per le ragioni del suo gesto. L’ex esponente del Pd era stato arrestato per gli scontri alla discarica di Pianura ma, secondo quanto accertato da Repubblica, la magistratura aveva aperto un secondo filone di indagine su un presunto coinvolgimento, probabilmente marginale, in una storia di appalti in odore di camorra. Ma gli inquirenti smentiscono l’apertura di un secondo fascicolo a carico dell’ex assessore.
Il difensore. Era “convinto che i magistrati lo volessero incastrare”, dice l’avvocato Nello Palumbo, ex senatore della Margherita e difensore dell’ex assessore comunale. Da qualche tempo, secondo Palumbo, Nugnes era entrato “in uno stato di profonda prostrazione psicologica: era avvilito, si era convinto che esistesse un accanimento nei suoi confronti. E questo lo portava a vedere tutto nero”.
La prima accusa. Una, in particolare, la questione che Nugnes non riusciva ad accettare: “Era accusato di essere tra i registi degli scontri di Pianura, per alcune telefonate in cui parlava dei movimenti dei blindati delle forze dell’ordine intorno alla discarica. Ma non riusciva a capire perché, negli atti dell’inchiesta, non fosse stata trascritta la telefonata che aveva fatto in quelle ore a una giornalista, dicendo anche a lei che cosa stava accadendo a Pianura”. Quella conversazione, secondo Nugnes, lo avrebbe scagionato “perché se fosse stato d’accordo per causare disordini e devastazioni non avrebbe certo chiamato una cronista”.
Il legale spiega ancora che Nugnes “non si capacitava del fatto che una conversazione a suo favore, certamente intercettata come le altre, non fosse stata trascritta e messa agli atti. Io ho provato a rincuorarlo, spiegandogli che nel processo avremmo fatto colmare questa lacuna, ma lui era prostrato dalla fatica nel far emergere la verità”.
Il secondo filone di indagine. Per quanto riguarda il secondo filone di indagine, ovvero il presunto coinvolgimento in una storia di appalti in odore di camorra, l’avvocato Palumbo chiarisce che Giorgio Nugnes sapeva da un mese e mezzo di essere oggetto di accertamenti da parte della procura di Napoli. Il legale precisa però che al riguardo l’ex assessore non aveva ricevuto alcun avviso di garanzia nè era stato ascoltato dai magistrati. Secondo Palumbo si trattava di una indagine legata a verifiche su appalti del Comune di Napoli.
“Nugnes era avvilito”. “Le telefonate di Giorgio intercettate sui disordini di Pianura – spiega Palumbo – provenivano da un procedimento preesistente”: insomma, l’utenza telefonica di Nugnes era già sotto controllo per altre ragioni, prima della guerriglia contro la discarica. Da questo fronte, però, “non era venuta alcuna contestazione di fatti specifici”. Per questo motivo lo stesso difensore non aveva ancora compiuto approfondimenti: “Nei nostri colloqui, l’ultimo dei quali solo giovedì scorso, la questione Pianura era quella centrale – racconta l’avvocato -. Nugnes era avvilito anche dal divieto di dimora nella sua abitazione di Pianura, non ne capiva la ragione e lo faceva soffrire per la lontananza da moglie e figli. Nemmeno l’attenuazione del divieto, con la possibilità di stare a casa tre notti la settimana, era servita a rincuorarlo”.
Gli inquirenti. La procura di Napoli e la Dda, attraverso il coordinatore Franco Roberti, smentiscono intanto l’ipotesi che l’ex esponente del Pd fosse coinvolto in una seconda inchiesta giudiziaria condotta dalla stessa Dda. In proposito risponde anche il procuratore della Repubblica di Napoli, Giovandomenico Lepore: “Non c’è un nesso fra il suicidio dell’ex assessore comunale Giorgio Nugnes e l’attività giudiziaria”. “Non vi sono elementi – aggiunge Lepore – per poter ritenere che Nugnes possa essere stato indotto al grave gesto da fatti giudiziari”. Il procuratore della Repubblica sottolinea che “il suicidio dell’ex assessore non si può addebitare alla magistratura”.
Rosa Russo Iervolino. Il clima pesante, da “adesso succede chissà che cosa…” non è di aiuto. dice il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino. “La prima cosa che ho fatto è stata quella di andare a leggere la dichiarazione di Lepore – ha detto il sindaco – che sembrerebbe smentire. Certamente, se ci fosse più rispetto del segreto istruttorio, che sta diventando il segreto di Pulcinella, si farebbe anche meno male”. “Ti viene da dire: ma perché? – ha continuato il sindaco – Guardando, sia pure superficialmente, i giornali di oggi, non emerge nulla di così grave. La paura di una nuova inchiesta? Ma uno la nuova inchiesta la affronta. Quindi la mia domanda è: perché?”. “Rimane l’impressione immediata – è la conclusione – quella di una forte sproporzione fra l’accusa e il gesto di disperazione”.
(la repubblica 30 novembre 2008)
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