Massimo Notaro(Up)e Fabio Berti (Anpac), i rappresentanti sindacali dei piloti
“…”Ma ti pare – dicono al megafono – che finiamo nelle mani di una cordata che alla camera di commercio di Milano risulta essersi costituita nel 1999 come Compagnia abbigliamento italiano e nel 2004 ha cambiato ragione sociale per diventare Compagnia aerea italiana…”.
ROMA – Non è ancora chiaro cosa hanno ottenuto. Di sicuro dopo un mese di guerriglia, hanno spazzato via ultimatum, scadenze e aut aut. Si sono messi seduti al tavolo, come volevano, e hanno riaperto il dossier, esattamente nei punti che avevano segnato con la penna rossa. Quelli a cui piloti e assistenti di volo dicono di non poter rinunciare, questione di dignità e sicurezza.
La trattativa su Alitalia è riaperta. Trattano piloti e assistenti di volo, il governo tiene aperto il tavolo a oltranza, i sindacati confederali, che hanno già firmato l’accordo ma senza piloti e hostess non sono in grado di far volare gli aerei, tornano a vedere le carte. Per la prima volta dopo un mese scompaiono “No”, muri e barricate. E si ragiona. Senza pistole puntate alle tempie e senza ricatti sul ritiro delle licenze di volo. “Ci sono passi avanti ma servono ragionevolezza e senso di responsabilità” si raccomanda Berlusconi in Umbria a fare in fanghi causa sciatica. Per la prima volta, parlando di Alitalia, rinuncia al piglio barricadero.
Probabilmente ci vorrà ancora tutto il week end per trovare la quadra di un piano industriale che Cai considera non modificabile ma i cui ostacoli principali (numero aerei, equipaggi e rappresentanza sindacale) sono forse aggiustabili. “Ci rivediamo lunedì” dicono intorno alle 18 lasciando palazzo Chigi Divietri (Avia) e Tomaselli (Sdl), sigle che hanno in carico l’80 per cento di hostess e steward. “Le distanze ci sono ancora ma sono stati fatti passi avanti” spiegano “con realismo” da non confondere con l’ottimismo.
Discorso a parte per i piloti “chiusi” dentro palazzo Chigi in una trattativa senza tregua dalle undici di stamani. Da una parte Berti e Notaro, dall’altra Gianni Letta, Colannino e Sabelli. Alle 19 e 30 sono stati richiamati al tavolo anche i segretari generali dei confederali e il commissario Augusto Fantozzi. A questo punto i tavoli si sono sdoppiati: piloti e Sabelli in una stanza; Letta, Colaninno e segretari generali dall’altra. Una cosa è certa: chi ieri alzava le dita in segno di vittoria, ha avuto fretta. Troppa, come è successo spesso in questa storia. L’accordo è vicino. Ma ancora non c’è.
La vittoria di Letta, il mediatore. Al di là di quelli che saranno i contenuti di un accordo ormai considerato inevitabile – e dove comunque gioca un ruolo decisivo il partner straniero – in questa storia sono già chiari vincitori e vinti. Vince, su tutta la linea, Gianni Letta. Come sempre succede nelle sue trattative, il premier tiene aperte due strade: una di mediazione e una decisionista che via via alterna a seconda del tempo che fa e dell’aria che tira. Nel dossier Alitalia-italiana Berlusconi ci ha messo la faccia e la campagna elettorale. In un modo o nell’altro doveva portarla in fondo per non perdere faccia e credibilità. Nella fase uno ci ha provato con il ministro Sacconi coadiuvato da Enac: gli aut aut, gli ultimatum e i penultimatum, le scadenze. Ancora ieri Sacconi diceva alzando le dita in segno di vittoria: “Entro le 20 di stasera i piloti firmeranno”. Non hanno firmato alle 20 di ieri (giovedì) e neppure alle 13 di oggi.
E gli ultimatum non ci sono più. E’ Gianni Letta, oggi, assente Sacconi, a prendere in mano la situazione. La prima cosa che fa è fermare le lancette dell’orologio. E non dare più ultimatum. Si mette a sedere al tavolo alle dieci di stamani e ci resta fino a notte ascoltando uno per uno tutti i rappresentanti del cosiddetto Fronte del No. Si presume che ci sia stata, via via, qualche pausa ristoro. Ma è un fatto che per la prima volta da assistenti di volo e piloti sono arrivate reazioni positive. Dice Antonio Divietri, responsabile Avia: “Oggi, per la prima volta , si aprono spiragli e si può parlare di trattativa. C’è maggiore disponibilità del governo perchè sono cambiati gli attori, oggi al tavolo c’è Gianni Letta”. E dire che stamani Sacconi aveva ripetuto: “Andiamo avanti anche senza i piloti”.
I nodi da sciogliere. In generale piloti e steward considerano “sbagliata” la cordata Cai. C’è un presidio quasi fisso davanti a Montecitorio. Arrivano in divisa, con i trolley, e in borghese. “Ma ti pare – dicono al megafono – che finiamo nelle mani di una cordata che alla camera di commercio di Milano risulta essersi costituita nel 1999 come Compagnia abbigliamento italiano e nel 2004 ha cambiato ragione sociale per diventare Compagnia aerea italiana…”. A parte criticare l’operazione in sè, “una truffa ai danni di tutti i cittadini e in favore di pochi amici”, i punti da sciogliere riguardano il numero dei voli (“troppo pochi per una compagnia che guarda al futuro”), gli esuberi (“equipaggi non sufficienti, richiameranno a cottimo quelli in cassa integraziione”), il contratto unico e la conseguente unica rappresentanza sindacale. “In questo modo – avvisano – vogliono smantellare il sistema sindacale di questo paese, esattamente quello che chiede Confindustria”.
Le possibili soluzioni. Bocche cucite per rispetto alla trattativa. Ma la soluzione passerebbe dal partner straniero. Spiega Divietri: “Il piano industriale è scritto sulle tavole di pietra e non è modificabile. Sarà modificato presumibilmente dal partner internazionale, che io ritengo sia Lufthansa. Mi auguro che quello che farà il partner sia funzionale agli interessi degli assistenti di volo”. Una garanzia in questa direzione arriverebbe dal fatto che “il partner industriale dovrebbe arrivare subito”. E con una quota del 15 per cento che lo metterebbe al pari, e quindi al di sopra visto il know how, di tutti gli altri soci della cordata Cai. Divietri non ha dubbi: “Avere la certezza che al fianco di Alitalia ci sia una grande compagnia del trasporto aereo è un elemento di garanzia per chi in Alitalia resta a lavorare”.
La Repubblica 26/09/2008 – 21:45
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