(Archivio Montecitorio)
Saranno distrutte le intercettazioni ritenute “irrilevanti” per l’inchiesta Berlusconi-Saccà
Napoli, oggi il gip decide se chiedere al Parlamento l’utilizzo di sei conversazioni
di seguito: Le parole maliziose cancellate a Milano
di G. d’AVANZO
di DARIO DEL PORTO
NAPOLI – Saranno distrutte nei prossimi giorni le intercettazioni telefoniche ritenute irrilevanti per il prosieguo dell’inchiesta Berlusconi-Saccà. A dirlo è il procuratore capo di Napoli, Giandomenico Lepore e questo elemento, al termine di una settimana scandita da un estenuante tam tam di indiscrezioni vere o presunte, finisce con il rappresentare una delle poche certezze del torrido luglio del Cavaliere. La procedura sarà completata nei prossimi giorni e si incrocia con l’udienza in programma questa mattina davanti al giudice Luigi Giordano: il magistrato dovrà decidere se chiedere al Parlamento l’autorizzazione ad utilizzare le sei conversazioni sulle quali il pm Vincenzo Piscitelli ha imperniato l’accusa di corruzione contestata al premier in concorso con Agostino Saccà.
Gli avvocati del presidente del Consiglio, Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, sono orientati a porre già oggi all’attenzione del gip la questione della competenza territoriale: i legali hanno depositato indagini difensive, tabulati telefonici compresi, in grado di dimostrare, a loro giudizio, la necessità di trasmettere a Roma il fascicolo. Con ogni probabilità, il giudice si esprimerà sulla eventuale richiesta da inoltrare al Parlamento e sulla distruzione delle intercettazioni giudicate irrilevanti solo dopo aver sciolto il nodo della competenza territoriale.
Le conclusioni del gip Giordano influiranno certamente sull’udienza preliminare, fissata per il 18 luglio davanti al gup Pasqualina Paola Laviano dopo la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura nei confronti di Silvio Berlusconi. Il pm Piscitelli ipotizza il reato di corruzione alla luce delle telefonate durante le quali il leader di Forza Italia segnala a Saccà cinque attrici che il direttore di Rai Fiction si sarebbe impegnato a inserire nei cast di diverse produzioni televisive: Antonella Troise, Evelina Manna, Elena Russo, Camilla Ferranti ed Eleonora Gaggioli. In cambio, il manager avrebbe ottenuto da Berlusconi la promessa di “sostegno finanziario, imprenditoriale e politico” anche con riferimento al “progetto Pegasus”, iniziativa definita dai magistrati “di carattere privatistico ideata e promossa da Saccà”.
Secondo gli inquirenti gli episodi non possono essere ricondotti “al pur diffuso costume della cosiddetta raccomandazione” perché le attrici risultano tutte “verosimilmente legate da rapporti di amicizia” con Berlusconi. Rapporti di cui il premier “non fa mistero oppure – rileva il pm – asseritamente da utilizzarsi in qualche modo nella campagna di reclutamento dei senatori”.
L’udienza preliminare nei confronti di Saccà sarà celebrata l’8 luglio. È stato trasmesso alla Procura di Roma invece il capitolo riguardante la trattativa che sarebbe stata avviata da Berlusconi per convincere l’allora senatore eletto in Oceania, Nino Randazzo, a far venire meno il sostegno al governo Prodi.
(La Repubblica 4 luglio 2008)
IL RETROSCENA
Le parole maliziose cancellate a Milano
di GIUSEPPE D’AVANZO
Silvio Berlusconi
IL regime di Berlusconi è ipnotico. Combina l’agenda del governo come se fosse un palinsesto televisivo. Da giorni, come una giacca al chiodo, il Paese è appeso a un dilemma: che cosa dice Berlusconi nelle conversazioni privatissime registrate dalla procura di Napoli? Le sue parole sono davvero così viziose da metterlo nei guai? Addirittura da costringerlo alle dimissioni? È vero che, in un documento acustico, spiega a Fedele Confalonieri le ragioni postribolari dell’ingresso di qualche ministra nel governo (gli uomini di Di Pietro arrivano a chiederlo in pubblico)?
La politica di Palazzo Chigi è soprattutto arma psicologica. Le necessità e le urgenze nascono, come nella performance di un illusionista, in un mondo di immagini, umori, riflessi mentali, paure, odio del tutto artefatti come le emozioni dinanzi alla visione di un film. Il metodo dovrebbe essere ormai familiare. Qualcuno grida qualcosa, lo grida di nuovo e ancora più forte finché non diventa un mezzo fatto, un quasi fatto. Ecco allora che cosa strilla un’aquila del Partito della libertà (Boniver): “Quelle intercettazioni private. Eccome se ci sono. E dentro c’è di tutto e di più. Le ha in mano un magistrato. Bisognerà solo capire come e quando verranno fuori”. Le fa eco un’altra voce femminile del partito blu (Santelli): “Una parte della magistratura ha perso ogni pudore nell’utilizzo delle intercettazioni e ora ha la tentazione di usarle come arma finale nella guerra politica del governo”.
Dunque le cose stanno così, strepitano i corifei mossi dal sovrano: i magistrati spiano Berlusconi; ne registrano le conversazioni; ne raccolgono flussi verbali privatissimi e licenziosi, pronti a farne una mazzuola per ferirlo a morte. È necessario un provvedimento con immediata forza di legge che impedisca le intercettazioni della magistratura; che punisca con la galera i giornalisti che le pubblicano, che mandi in rovina gli editori. Giorgio Napolitano dovrà ricredersi e riconoscere, come non ha voluto fare finora, l’urgenza di quel decreto: ricattano il capo del governo, accidenti.
Nel tableau di cartapesta, la memoria deperisce, i fatti si confondono. Nessuno si chiede se siano “fatti” o “quasi fatti”, se abbiano appena un palmo di attendibilità. Il fasullo appare più vero del vero, nel regime ipnotico del mago di Arcore. Il fumo è più concreto dell’arrosto. Nel bailamme, non si ode la domanda più ragionevole e pratica: esiste a Napoli un’intercettazione telefonica tra Berlusconi e Confalonieri? Posta la domanda, si può scoprire che neppure può esistere quella telefonata a Napoli perché, nel rispetto della legge, Berlusconi non è stato mai intercettato direttamente e Confalonieri, nell’affare Saccà, è una comparsa del tutto marginale (e quindi mai sottoposto ad “ascolti” diretti).
Non a Napoli, ma a Milano andrebbero cercate le conversazioni tra il presidente di Mediaset e il mago di Arcore. A Milano, nei faldoni elettronici dell’inchiesta sul fallimento di Hdc, la società di Luigi Crespi, sondaggista e fortunato inventore del “contratto con gli italiani”. In quei file-audio, c’è un colloquio alquanto simile a quello che, soltanto immaginato, ingrassato dalla malafede o dall’ingenuità, ammattisce istericamente i Palazzi di Roma e ingolosisce le redazioni. “Silvio” e “Fedele” si intrattengono sulle virtù di una giovane signora planata dallo spettacolo nella politica. Ma nessuno, fortunatamente, potrà più ascoltare le loro parole. La registrazione è stata mandata al macero, il 13 giugno, per decisione del giudice delle indagini preliminari Marina Zelante: la telefonata era irrilevante per il processo.
Il capo del governo, come gli avrà spiegato senza dubbio il suo avvocato-senatore-consigliere Niccolò Ghedini, può stare tranquillo: non ne esistono copie perché il software utilizzato dalla ditta milanese che lavora, in appalto, per la procura di Milano impedisce che i file-audio possano essere copiati senza lasciarne traccia elettronica.
Serenità, il presidente del Consiglio, dovrebbe ricavare anche da quel che presto accadrà a Napoli. Nei prossimi giorni saranno distrutte le conversazioni di Berlusconi irrilevanti per il processo, come Ghedini sa e maliziosamente, malignamente non dice (anche se parla tanto e quotidianamente). Sono conversazioni malinconiche, a quanto pare. Il mago si protegge da ogni tentazione giovanile e pressing femminile. Appare consapevole, con qualche nostalgia, dell’ingiuria che il tempo infligge all’energia. Le soubrette ne parlano tra di loro, deluse.
Ricapitoliamo. In due inchieste – a Milano, per il fallimento di una società di sondaggi legata a Mediaset; a Napoli, per i traffici di Agostino Saccà – affiora la voce di Berlusconi. Gli investigatori la raccolgono e catalogano. In alcuni casi, è utile a ricostruire i fatti. In altri, è inservibile perché parla d’altro. Nel primo caso, in contraddittorio con la difesa, dinanzi a un giudice terzo, il pubblico ministero domanda che sia chiesto al Parlamento l’utilizzo della memoria acustica. Nel secondo, alla presenza degli avvocati della difesa e dinanzi a un giudice che decide, l’accusatore chiede che quei documenti sonori siano distrutti, come prevede la legge.
La procedura è lineare. Protegge gli interessi di tutti gli attori. Permette l’efficacia dell’accertamento dei fatti (che cosa è accaduto e per responsabilità di chi?). Tutela la privacy degli indagati e di chi è coinvolto nell’inchiesta, malgré lui. Se ne potrebbe dedurre che il sistema, nonostante riforme sgorbio, traffici legislativi, procedure sovraccariche, ha coerenza, appare adeguato e regolato da una magistratura equilibrata.
Vediamo al contrario, che cosa accade nel regime ipnotico. Con un tramescolio di carte, notizie storte affidate a fedeli e famigli, veleni insufflati in un circo mediatico disposto a enfatizzare e credere, senza raziocinio, a qualsiasi intrigo, paradosso, salto logico, lavorando come fosse un’utile leva anche la sprovvedutezza degli avversari, il mago di Arcore confonde la scena. Anzi, la modella a mano con la sua “macchina fascinatoria”. Mi spiano illegalmente, geme. Vogliono ricattarmi con intercettazioni private, raccolte illegalmente e abusivamente consegnate alla redazioni. L’anatema gli consente di non discutere delle accuse che gli sono mosse. Imperversa, allora, come ossessionato da se stesso e dai suoi fantasmi. Protesta, deplora, minaccia incursioni televisive o requisitorie parlamentari. La pantomina, che si è affatturato con la complicità del suo avvocato-consigliere, lo autorizza a chiedere alle Camere genuflesse una nuova legge cucita per la sua silhouette. Si sente abilitato a pretendere dal capo dello Stato di riconoscere l’urgenza costituzionale di un decreto legge che di necessario ha soltanto la sua personale ansia di impunità. Berlusconi, a quanto pare, avrebbe voluto già oggi un provvedimento che vieta, pena la galera per il giornalista e la disgrazia dell’editore, la pubblicazione delle intercettazioni. Non l’avrà, almeno per oggi. Il gran rumore di queste ore se l’è procurato da solo. Che buona medicina sono i fatti.
(La Repubblica 4 luglio 2008)
4 luglio 2008 alle 20.24
Vi ricordate Luttazzi cacciato dalla TV perché mangiava metaforicamente la merda? tutti a scandalizzarsi, ma perché? perché diceva la verità in metafora: vedete cosa sono capaci di inghiottire, o divertiti o silenziosi o conniventi, o tutti e tre insieme e comunque vili, i politici da Fini a Casini a Veltroni & Co. Cosa aspettano? che Berlusconi faccia senatore un cavallo, con la speranza di salirci e fare un giro in punta di piedi sulla sella
8 luglio 2008 alle 20.24
intercettazioni hard del Cavalier Berlusconi