17/04/2008
17 Apr. – Come si sono spostati i voti degli italiani? E’ questa la domanda che si stanno ponendo nei partiti. In gergo tecnico si chiamano analisi dei flussi di voto: una roba da far venire l’allergia al solo pensiero. Numeri per paranoici. Noia allo stato puro.
Se non fosse che ci servono per fotografare l’umore degli elettori non militanti, degli indecisi. Nelle segreterie di partito, sulle percentuali tipo quelle che arrivano da uno studio della Poggi&Partners, si consuma il redde rationem: si vede chi ha lavorato bene in campagna elettorale e chi invece si è imboscato. Una percentuale storta e saltano le teste dei boss locali.Lo sanno bene dalle parti della Sinistra Arcobaleno: dove sono finiti i voti comunisti, socialisti e Verdi della tornata precedente? In termini complessivi sono finiti un po’ a Di Pietro, un bel po’ a Veltroni e un altro po’ all’astensione. Solo srotolando questo dato a livello regionale, ecco che spunta la Lega.
In Veneto, per esempio, il traghettamento Sinistra Arcobaleno-Lega schizza al 43%. In Lombardia l’esodo verso il Carroccio è più tenue: solo il 10%. La nuova scelta dell’elettorato di sinistra deluso è molto interessante. Prima perché conferma che scegliendo Di Pietro e Bossi gli operai sono più esposti all’insicurezza generale, provocata dall’immigrazione clandestina. (Tonino era una novità; sulla Lega i voti si erano già spostati nell’ultimo decennio). Secondo perché conferma che l’invito al voto utile ha azzoppato la sinistra radicale. Si potrebbe fare una terza analisi, stavolta in chiave antiberlusconiana: Di Pietro e Veltroni sono stati visti come la scelta più accreditata per allontanare il Cavaliere da Palazzo Chigi. Veniamo così a Silvio Berlusconi e al Popolo della Libertà. Dati nazionali alla mano, il PdL ha lasciato alla Lega un bel 9%, 3% al Movimento di Lombardo e 2,9% alla Destra della Santanchè. Di contro ha attirato il 39% dall’Udc di Casini e il 3,2% dal Pd di Veltroni.
Entriamo nel dettaglio regionale. Al Nord, è assai evidente l’interscambio PdL-Lega. E questo non è una novità: il via-vai di consensi tra Bossi e Berlusconi è una costante dalla discesa in campo di entrambi. Inedito invece è il fatto che il boom del Carroccio sia avvenuto dentro l’alleanza. I tempi sono maturi perché la Lega diventi il movimento territoriale del Popolo della Libertà, al pari della bavarese Csu con la Cdu. Berlusconi cede a Bossi il 17% in Lombardia e il 33% in Veneto. Cifre importanti ci sono anche in Friuli, in Trentino, in Piemonte e in Emilia. Una cessione analoga si registra anche in Sicilia a favore di Lombardo, che non pesca tanto dall’Udc ma appunto dal Popolo della Libertà. Per il resto Forza Italia, An e gli altri partiti del nuovo partito mantengono i vecchi consensi e nel rapporto dare-avere chiudono in attivo grazie ai nuovi arrivi dall’Udc. Qualcosa arriva anche da vecchi elettori della Margherita.
Restiamo su Casini. Secondo i dati della Poggi&Partners, un bel 39% dei vecchi elettori dell’Udc ha preferito il nuovo corso berlusconiano, sulla scia della decisione di Giovanardi. Ed è un dato uniforme in quasi tutta Italia: il dato nazionale infatti ferma lo spostamento da Casini a Berlusconi sul 3,4%. Casi estremi sono la Sicilia, dove l’emorragia è inesistente (solo 1,1); e la Liguria che invece cede l’86,3%. In Umbria il 50% di consenso fluttuante in quota Casini è andato a Silvio. Di contro, in Puglia, l’ex Presidente della Camera si prende il 10 dal PdL. Come compensano, i centristi, lo spostamento a destra? Pescando dai tanti margheritini delusi dall’operazione Partito Democratico: 3,4% in termini complessivi. Il dato è interessante in Piemonte (5,5%), in Veneto (4,4%), in Liguria (7,6%), in Emilia Romagna (6,5%). Un caso particolare è la Campania, dove all’Udc è finito il 38,4% delll’elettorato di Mastella. Il quale ha però guardato con maggiore convinzione al Popolo della Libertà (58,2%). In conclusione, si può dire che Casini si alleggerisce dei berlusconiani travestiti da udiccini e imbarca i vecchi popolari tramortiti dal doppio traghettamento Margherita-Partito democratico.
Capitolo Lega. Anche i flussi elettorali confermano la doppia anima del Carroccio: voto dei lavoratori da una parte e voto degli imprenditori dall’altra. facendo così emergere i due macro-temi vincenti: mano ferma con gli extracomunitari e lotta allo statalismo romano. I consensi operai del Veneto provengono dalle pmi e non dalla grande industria, quindi si tratta di lavoratori meno ideologizzati e meno sindacalizzati; sol sogno di poter mettersi in proprio. Diverso è il voto operaio dell’Emilia, dell’Umbria o della Liguria: qui c’entra in gran parte il discorso della sicurezza. Ultima considerazione sui leghisti: per loro l’invito al voto utile non ha presa.
Vediamo invece cos’è accaduto dalla parti del Partito Democratico. Il voto utile è servito per assorbire oltre un terzo degli ex voti della Sinistra Arcobaleno. E’ evidente in Piemonte (21,3%), in Emilia Romagna (18,7%), in Toscana (15%), in Umbria (36,7%), in Abruzzo (35,4%), in Puglia (20,5). Ed è strano essendoci un comunista alla guida della regione: evidentemente neanche Vendola è gradito ai compagni. L’exploit di nuovi arrivi ex rossi in Sicilia (68,6), in Calabria (50%) e nel LAzio (43,2) testimoniano quanto alla fine Veltroni sia molto più di sinistra di quello che volesse far credere in campagna elettorale. Il compagno Walter però deve stare un po’ sulle scatole a non pochi elettori ex Margherita. Il 3,4% ceduto a Casini e il 3,2 a Berlusconi arrivano tutti dall’area ex popolari. Il Viaggio Pd-PdL è evidente in Piemonte (5,1%), in Liguria (10,2) e in Sicilia (8,8%), in Abruzzo (8,4) e in Calabria (18,6%).
Chiudiamo con Di Pietro. Ha beneficiato grandemente dell’esodo comunista. Per tre motivi diversi tra loro: è duro sul fronte sicurezza; odia Berlusconi; è il collettore del grillismo. (L’Opinione)
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